In un sondaggio nazionale negli Stati Uniti commissionato dalla United States Conference of Catholic Bishops (Usccb) emerge che la maggioranza degli adulti, l’82%, ritiene che l’aborto debba essere considerato illegale in tutte le circostanze; mentre l’11% ne limiterebbe la sua legalità. Soltanto, una minima percentuale (meno del 9%) pensa, invece, che l’aborto sarebbe legale per qualsiasi ragione e in qualsiasi momento durante la gravidanza della madre. Il sondaggio è stato condotto on line su un campione di 2.341 adulti.
Per l’assistente alla direzione dell’ufficio «Policy and Communications at the Usccb’s secretariat of Pro-Life Activities», Deirdre McQuade, «i risultati del sondaggio sono notevoli».
Per il rappresentante cattolico «meno di uno su dieci americani supportano la legalità dell’aborto per qualsiasi ragione e in ogni periodo di tempo durante la gravidanza».
In particolare, il rappresentante ha evidenziato il sondaggio contrapponendo i suoi risultati a quanto stabilito invece dalla corrente legge sull’aborto che si rifà ai principi stabiliti dalla sentenza della Suprema Corte nel 1973 (sulla base della causa Roe versus Wade and Doe versus Bolton) che rendono legale l’aborto fino al nono mese di gravidanza virtualmente per qualsiasi ragione.
Il rappresentante, inoltre, ha ricordato che «la Conferenza dei vescovi si opporrà a tutte le minacce alla vita umana in qualsiasi modo esse vengano proposte».
Tra l’altro nel sondaggio, che esamina un gruppo di varie leggi sul tema, è riportato anche che il 76% è a favore di quei provvedimenti che proteggono medici e paramedici dall’essere costretti a praticare l’aborto contro la propria volontà.
Anche in un altro sondaggio nel passato era emerso che numerosi cittadini negli Stati Uniti pensano che dovrebbero essere imposte delle restrizioni alla pratica dell’aborto.
Il sondaggio è stato condotto per conto dell’Associazione dei Cavalieri di Colombo prima delle elezioni politiche. In base alla ricerca soltanto l’8% degli intervistati ha affermato che l’aborto dovrebbe essere consentito in qualsiasi momento della gravidanza. Nel sondaggio peraltro è emerso che anche tra coloro che si dichiarano a favore dell’aborto, il 71% auspica una sua restrizione. Tra questi il 43% lo limiterebbe al primo trimestre di gravidanza; mentre il 23% ai soli casi di violenza, incesto o per salvare la vita della madre. Per il cavaliere supremo Carl Anderson i risultati della ricerca «sono indicativi del fatto che il termine “pro-choice”, quando applicato in modo ampio, polarizza inutilmente la discussione sull’aborto e maschera il fatto che c’è un ampio consenso tra gli americani sul fatto che l’aborto dovrebbe essere limitato in modo significativo».
I vescovi statunitensi in vari appelli hanno espresso la propria preoccupazione per le scelte nazionali sul tema in questione.
In una nota i presuli si sono dichiarati fermi e risoluti «nel difendere i diritti del bambino non ancora nato dal momento del suo concepimento» e hanno condannato il progetto di legge Freedom of Choice Act che, se approvato, eliminerebbe molti dei vincoli attualmente in vigore per le interruzioni di gravidanza.
Il cardinale Justin Francis Rigali, che è presidente della Commissione episcopale sulle attività pro vita, ha evidenziato in una lettera inviata ai membri del Congresso, che il provvedimento «crea un fondamentale diritto ad abortire nel corso di tutti i nove mesi della gravidanza, incluso il diritto di abortire un bambino pienamente sviluppato nelle settimane finali di gestazione per imprecisati motivi di salute, in modo che nessun organismo statale a nessun livello possa “rifiutarsi o interferire” con questo nuovo diritto federale». E aggiunge che «in secondo luogo impedisce all’amministrazione a ogni livello di discriminare a scapito dell’esercizio di questo diritto, attraverso la previsione di regolamentazioni che possano fornire vantaggi, agevolazioni, servizi».
Fonte: Palazzo Apostolico