La futura beatificazione di Pio XII riporta alla ribalta le solite vecchie polemiche sull'operato del papa. Torna utile allora riportare un documento che Repubblica scoprì nel 2007.
BERLINO «Il Papa, come tutti i nostri informatori riportano in modo concorde, ha un atteggiamento di grande simpatia nei confronti del popolo tedesco. Ciò che non si può dire invece del regime». «Pio XII aiuta la Polonia invasa». «Pacelli nasconde gli ebrei in fuga».
«Il Pontefice si attende un cambiamento della situazione in Germania, al più tardi dopo la morte del Fuehrer». Papa Pio XII non era dunque nella lista degli amici di Hitler. Le alte sfere del nazismo lo guardavano con diffidenza e perfino con preoccupazione. Questo pensavano e scrivevano i gerarchi del Terzo Reich, fino al più alto grado, nei rapporti segreti, nelle missive dei generali delle SS, nei telegrammi e nei dispacci inviati a Berlino dalle legazioni tedesche presso la Santa Sede («l' ambasciata nera», secondo la terminologia dell' epoca nazista) e il Quirinale («l' ambasciata bianca»).
Documenti finiti negli uffici di Erich Mielke e Markus Wolf, i capi della Stasi, il servizio segreto della ex Germania Est, pronti a essere usati in possibili operazioni contro il Vaticano. Pagine rimaste tuttavia sepolte negli archivi per decenni. Un vero e proprio dossier su Pio XII, di cui ora Repubblica è entrata in possesso.
Il materiale dimostra come in fondo, sia le camicie brune, i nazisti, sia i "rossi" della Germania comunista avessero come obiettivo quello di ottenere il massimo delle informazioni dentro la Santa Sede, considerata da entrambi un governo tutt' altro che amico. Leggendo le carte della dirigenza nazista, le stanze vaticane pullulavano di spie con la tonaca.
«Il religioso tedesco Dr. Birkner - è scritto nel rapporto di un agente da Roma - impiegato presso gli archivi vaticani, si è rivelato la più valida fonte di informazioni. Padre Leiber (Robert Leiber, segretario privato di Pio XII, ndr.) si è espresso nei confronti dell' informatore dicendo che la maggiore speranza della Chiesa è che il sistema nazionalsocialista nel prossimo futuro venga annientato da una guerra».
Ed è per l' appunto la diplomazia vaticana di Pio XII contro Hitler, sottile, non espressa ad alta voce, e perciò attentamente controllata dai nazisti, a preoccupare i gerarchi. I quali avevano impiantato una rete capillare capace di sapere, da una lettera intercettata del segretario di Stato cardinale Luigi Maglione che, sotto Città del Vaticano durante la guerra in previsione di un attacco, «il Papa si è fatto costruire un rifugio antiaereo a cui può accedere in ascensore». Ma soprattutto inquieta il regime l' azione di Eugenio Pacelli a favore della Polonia occupata, come si evince da più dispacci. Il rapporto del capo della polizia di Berlino lancia un grido di allarme al ministro degli Esteri, Joachim von Ribbentrop. «In via riservata - si legge nel documento - è stato possibile ottenere le missive di Pio XII e del segretario di Stato cardinale Maglione all' arcivescovo di Cracovia Adam Sapicka. Dalle due lettere, che allego in copia, emerge chiaramente l' atteggiamento filo-polacco del Papa e del suo segretario di Stato: «La Santa Sede non si è limitata ad aiutare i polacchi profughi nei vari paesi, ma anche quelli rimasti in patria».
Protezione che il Terzo Reich imputa a Pacelli pure nei confronti degli ebrei. «Il Vaticano - si legge in un altro appunto dattiloscritto - appoggia in tutti i modi emigranti ebrei battezzati nel loro tentativo di andare all' estero. Il Vaticano sostiene queste persone anche finanziariamente».
Dalla lettura di questi documenti la figura di Pio XII sembra dunque uscire in maniera nettamente diversa rispetto a quella tramandata (da chi? Dai suoi nemici, non certo da grandi storici del nazismo come l'ebreo Mosse, come Burleigh, come Spinosa...ndr). L' immagine qui è quella di un pontefice per nulla accondiscendente, anzi di un avversario abile e temuto, tutto il contrario del ritratto di un Pacelli timoroso e indeciso arrivato fino a oggi. Come è possibile? «Già nell' ultimo anno di guerra, il 1945 - spiega padre Giovanni Sale, storico della rivista Civiltà cattolica, autore del volume «Hitler, la Santa Sede e gli ebrei», e studioso tra i più autorevoli delle tematiche legate a Chiesa e nazismo - era cominciata una campagna anti-pacelliana. In un recente articolo ho portato a riprova alcune registrazioni effettuate da Radio Mosca e i pezzi giornalistici scritti dalla Pravda tesi a influenzare l' opinione pubblica e a creare la cosiddetta «leggenda nera» su Pio XII. Fino alla pubblicazione del libro «I papi contro gli ebrei» di David Kertzer tutta una generazione è rimasta influenzata dalla propaganda. Solo negli ultimi tempi i documenti usciti sia dal Foreign Office britannico sia dalla Cia stanno formulando critiche più moderate, abbattendo l' ignominia del giudizio contenuto anche in un altro testo, «Il Papa di Hitler» (di John Cornwell, fratello di John Le Carrè, ndr). Le novità contenute in queste carte inedite emerse in Germania trovano riscontro nella documentazione presente nell' Archivio vaticano. Lo scrivo da dieci anni: la Chiesa combattè il nazismo in tutti i modi».
«Pio XII in realtà non era un amico, bensì uno strenuo avversario di Hitler - afferma Werner Kaltefleiter, già vaticanista della rete tv Zdf e profondo conoscitore della Curia, autore lo scorso anno (con Hanspeter Oschwald) del libro «Spione im Vatikan», e che di recente ha pubblicato su www.kath.de un rigoroso studio sui carteggi riguardanti Pacelli - questo Papa non collaborava affatto con i nazisti, come alcune parti interessate hanno voluto far circolare dopo la guerra. No. Egli era invece il nemico numero uno del Fuehrer».
Il prossimo anno decorrerà il cinquantesimo anniversario della morte di Pacelli. E il processo di beatificazione, giudicato in modo diverso da fautori e detrattori, è ormai nella fase decisiva. Rivelazioni recenti sembrano aggiustare il tiro della critica sulla complessa figura di Pio XII. Alla fine dello scorso gennaio l' ex generale dei servizi segreti rumeni Ion Mihai Pacepa ha ammesso sulla rivista newyorchese National Review di aver manipolato per anni, su ordine del Kgb, l' immagine di Pacelli presso l' opinione pubblica internazionale.
La campagna di disinformazione, nome in codice «Posizione 12», era stata approvata da Nikita Krusciov con l' intento di screditare moralmente il Papa, facendolo apparire come un gelido simpatizzante dei nazisti e un silenzioso testimone dell' Olocausto. L' apice dell' azione di propaganda sarebbe stata, secondo Pacepa, la rappresentazione nel 1963 della celebre opera teatrale «Il Vicario», scritta dal drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth, che demolì la figura di Pacelli, e da cui il regista Costa-Gavras avrebbe tratto nel 2002 il suo film «Amen». Il testo si sarebbe però basato su documenti contraffatti dai sovietici, procurati da religiosi rumeni che avevano accesso all' Archivio segreto vaticano. Hochhuth ha respinto le accuse con sdegno, definendole calunnie. Ma ora la partita su Pio XII si riapre. - DAL NOSTRO INVIATO MARCO ANSALDO Repubblica — 29 marzo 2007
Fonte: Libertà e Persona