di Bruno Volpe,
da Pontifex Roma (21/04/2009)
“Ma quale festa, la liturgia è un dramma”: lo afferma Monsignor Nicola Bux, teologo e liturgista di chiara fama. Con lui affrontiamo il tema del senso del sacro nella liturgia: “Credo che questo senso del sacro si potrà recuperare quando comprenderemo che la messa non è mai uno spettacolo, un divertimento o una proprietà del singolo sacerdote, ma un vero e proprio dramma. Spesso ci riempiamo la bocca con la parola festa, ma quale festa. Nella messa ricordiamo il sacrificio di Cristo, ecco la verità. Cristo si è immolato per noi e poi si usa il vocabolo festa. È corretto parlare di festa solo dopo aver compreso e accettato il concetto che Cristo ha dato la vita per noi. Allora, è lecito parlare di festa, ma prima mai”.
Poi aggiunge: “Una buona liturgia deve avere al suo centro la croce, ma essa sempre più spesso,collocata al lato, o in posti poco visibili, ha perso il suo vero ed autentico significato. Sembra molto di più una suppellettile, che non un centro di adorazione. A volte ho la sensazione che una croce al centro dell’altare dia fastidio, quasi sia di impaccio. Per essere duri: il più delle volte non la guarda nessuno”.
Monsignor Bux parla del concetto di devozione: “Per ridare alla liturgia il senso del sacro, è necessaria la devozione. Basta con messe celebrate come avvenimenti mondani e intrattenimento. Occorre la devozione, l’incontro col volto di Dio. Ma spiacevolmente questo avviene molto,ma molto raramente. Senza un incontro con il vero volto di Dio, senza devozione, la messa diventa un rituale, una auto celebrazione del sacerdote che non ha alcun senso”.
Provocatoriamente monsignor Bux si pone e pone una domanda: “Quanti oggi, celebrando la messa, rivolgono lo sguardo a Dio e alla croce? Pochi, ecco perché il senso del sacro si va attenuando nelle nostre messe”.
E allora che cosa fare?
Penso che una buona idea possa essere la seguente: nella seconda parte della messa, dall’offertorio in poi, tanto per capirci, il sacerdote potrebbe celebrare rivolto verso la croce, ad orientem.
Per quale ragione "ad orientem"?
In tal modo, i fedeli non vedrebbero più la figura del sacerdote, che non è il protagonista, ma assieme a lui, contemplano la croce, il mistero.
Dunque una posizione "ad orientem" nella seconda parte della messa.
Mi sembra conveniente. In questa maniera la liturgia acquisterebbe valore maggiormente escatologico, di mistero ed adorazione, la gente stessa comincerebbe a comprendere ed apprezzare il valore escatologico, per usare una parola difficile, della liturgia. Guardare ad oriente equivale a contemplare il Signore che viene, penso che questa posizione, del resto usata dagli orientali, possa aiutare a trovare maggior raccoglimento. Ecco la mia modesta proposta per una riforma graduale e sensata: guardare ad oriente nella seconda parte della Santa Messa.
In un'intervista che ci ha rilasciato qualche giorno fa, lo storico Franco Cardini ha parlato di crisi del senso del sacro.
Bisogna vedere in che senso ha lanciato questa affermazione. Ma il senso del sacro è Dio. Apparentemente questo senso del sacro, cioè di vicinanza e di ricerca di Dio, oggi sembra offuscato,vero. Ma non sarei tanto pessimista. In fondo l’uomo per natura cerca sempre Dio. Molte volte anche per comodità personale o con forme corrotte e sbagliate come la superstizione o la magia, ma alla fine il contatto viene cercato. L’alleanza con Dio anche egoisticamente, conviene all’uomo.
da Pontifex Roma (21/04/2009)
“Ma quale festa, la liturgia è un dramma”: lo afferma Monsignor Nicola Bux, teologo e liturgista di chiara fama. Con lui affrontiamo il tema del senso del sacro nella liturgia: “Credo che questo senso del sacro si potrà recuperare quando comprenderemo che la messa non è mai uno spettacolo, un divertimento o una proprietà del singolo sacerdote, ma un vero e proprio dramma. Spesso ci riempiamo la bocca con la parola festa, ma quale festa. Nella messa ricordiamo il sacrificio di Cristo, ecco la verità. Cristo si è immolato per noi e poi si usa il vocabolo festa. È corretto parlare di festa solo dopo aver compreso e accettato il concetto che Cristo ha dato la vita per noi. Allora, è lecito parlare di festa, ma prima mai”.
Poi aggiunge: “Una buona liturgia deve avere al suo centro la croce, ma essa sempre più spesso,collocata al lato, o in posti poco visibili, ha perso il suo vero ed autentico significato. Sembra molto di più una suppellettile, che non un centro di adorazione. A volte ho la sensazione che una croce al centro dell’altare dia fastidio, quasi sia di impaccio. Per essere duri: il più delle volte non la guarda nessuno”.
Monsignor Bux parla del concetto di devozione: “Per ridare alla liturgia il senso del sacro, è necessaria la devozione. Basta con messe celebrate come avvenimenti mondani e intrattenimento. Occorre la devozione, l’incontro col volto di Dio. Ma spiacevolmente questo avviene molto,ma molto raramente. Senza un incontro con il vero volto di Dio, senza devozione, la messa diventa un rituale, una auto celebrazione del sacerdote che non ha alcun senso”.
Provocatoriamente monsignor Bux si pone e pone una domanda: “Quanti oggi, celebrando la messa, rivolgono lo sguardo a Dio e alla croce? Pochi, ecco perché il senso del sacro si va attenuando nelle nostre messe”.
E allora che cosa fare?
Penso che una buona idea possa essere la seguente: nella seconda parte della messa, dall’offertorio in poi, tanto per capirci, il sacerdote potrebbe celebrare rivolto verso la croce, ad orientem.
Per quale ragione "ad orientem"?
In tal modo, i fedeli non vedrebbero più la figura del sacerdote, che non è il protagonista, ma assieme a lui, contemplano la croce, il mistero.
Dunque una posizione "ad orientem" nella seconda parte della messa.
Mi sembra conveniente. In questa maniera la liturgia acquisterebbe valore maggiormente escatologico, di mistero ed adorazione, la gente stessa comincerebbe a comprendere ed apprezzare il valore escatologico, per usare una parola difficile, della liturgia. Guardare ad oriente equivale a contemplare il Signore che viene, penso che questa posizione, del resto usata dagli orientali, possa aiutare a trovare maggior raccoglimento. Ecco la mia modesta proposta per una riforma graduale e sensata: guardare ad oriente nella seconda parte della Santa Messa.
In un'intervista che ci ha rilasciato qualche giorno fa, lo storico Franco Cardini ha parlato di crisi del senso del sacro.
Bisogna vedere in che senso ha lanciato questa affermazione. Ma il senso del sacro è Dio. Apparentemente questo senso del sacro, cioè di vicinanza e di ricerca di Dio, oggi sembra offuscato,vero. Ma non sarei tanto pessimista. In fondo l’uomo per natura cerca sempre Dio. Molte volte anche per comodità personale o con forme corrotte e sbagliate come la superstizione o la magia, ma alla fine il contatto viene cercato. L’alleanza con Dio anche egoisticamente, conviene all’uomo.