terça-feira, 29 de março de 2011

Vescovo italiano scrive sul Motu Proprio Summorum Pontificum e le sue conseguenze per la Liturgia



S.E. Rev.ma Mons. MARIO OLIVERI ,
LETTERA A PADRE NUARA, PONTIFICIA COMMISSIONE “ECCLESIA DEI”


Straordinaria importanza del Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI

Intervento sull’atto magisteriale e di supremo governo compiuto dal Papa Benedetto XVI con il Motu Proprio “Summorum Pontificum”, sui contenuti teologici della Liturgia antica


Rev.do e Caro Padre Nuara,
La Sua calorosa proposta, presentatami anche per iscritto, di un mio intervento al III Convegno sul Motu Proprio “ Summorum Pontificum ”, che avesse come argomento i contenuti teologici della Liturgia antica, non ha lasciato il mio animo indifferente, ma non ho – con mio grande rincrescimento – trovato la forza di superare una grossa difficoltà che proviene dalle condizioni di salute di un mio fratello, grande invalido, al quale mi lega un primario dovere di fraterna assistenza.
Poiché dovrò assentarmi da mio fratello dal 23 al 27 Maggio, per partecipare questa volta imperativamente all’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (per le ragioni familiari menzionate, sono già stato assente dall’Assemblea Generale Straordinaria dello Scorso Novembre), creerebbe grave ed insuperabile disagio la mia lontananza da casa anche nei giorni 13-15 Maggio.
Con tutta sincerità, posso dire che avrei partecipato molto volentieri al III Convegno sul “ Motu Proprio”, poiché sarebbe stata per me la felice – e credo feconda – occasione per esprimere ad un pubblico qualificato, ed avendo una “audience” molto ampia, le profonde convinzioni del mio animo di Vescovo circa la straordinaria importanza per la vita della Chiesa dell’atto magisteriale e di supremo governo compiuto dal Papa Benedetto XVI con detto “Motu Proprio”. Avrei potuto esporre le ragioni che hanno generato e generano in me tale convinzione. Voglia permettermi, caro Padre, di formularle brevemente con questo scritto, e quindi – se lo riterrà opportuno – farle risuonare in qualche momento del Convegno.
In tutto ciò che tocca la vera essenza della Chiesa è di vitale importanza mostrare in ogni tempo, ma ancor più nei momenti storici in cui si è data l’idea che tutto sia in perenne cambiamento, che non sono possibili mutamenti radicali che intacchino la sostanza degli elementi costitutivi della Chiesa stessa, e cioè la sua Fede, la sua realtà soprannaturale e dunque i suoi Sacramenti e quindi la sua Liturgia, il suo sacro ministero di governo (cioè la sua capacità soprannaturale di trasmettere tutti i doni da Cristo dati alla sua Chiesa per mezzo dei suoi Apostoli e perpetuati mediante la Successione Apostolica).
Il Motu Proprio “ Summorum Pontificum”, dichiarando che la Liturgia può essere celebrata nella sua forma antica, cioè nella forma in cui è stata celebrata per secoli sino alla “riforma” messa in atto dopo il Concilio Vaticano II, ha in maniera solenne sancito:
a)     L’immutabilità del contenuto della Divina Liturgia, e che quindi i cambiamenti che in qualche suo esteriore elemento o forma possono introdursi non possono mai essere tali da mutare la Fede della Chiesa che la Liturgia esprime, o da mutare il suo contenuto divino-sacramentale, il suo contenuto di grazia soprannaturale. Per portare un esempio: le variazioni esteriori nel Rito della Santa Messa,  o della Divina Eucaristia, non possono indurre o spingere ad avere un’altra concezione di fede circa il contenuto di Essa, né possono legittimamente indurre a pensare che nella sua celebrazione diventi superfluo o non necessario il ruolo celebrativo che compete soltanto a chi ha ricevuto sacramentalmente la capacità soprannaturale di agire “in persona Christi”; non possono soprattutto offuscare il carattere sacrificale della Santa Messa;
b)    Che la “riforma” post-conciliare non può legittimamente interpretarsi come una mutazione “in substantialibus”: se così è stato ritenuto, se qui o là si celebra nella forma che il Motu Proprio chiama “ordinaria” in modo da poter indurre in errore circa il vero contenuto della Divina Liturgia, in modo da offuscare anche minimamente la vera fede nel vero contenuto della Santa Messa o di altri Sacramenti, è necessario che avvengano delle correzioni, è quanto mai urgente addivenire ad una “riforma della riforma”, studiando accuratamente quali elementi della “riforma” post-conciliare siano tali da potersi interpretare non in continuità con la Liturgia antica, quali possono facilitare – se non indurre – celebrazioni non corrette; nell’immediato è necessaria una catechesi liturgica che dissipi ogni nebbia; è necessario che tutti gli abusi nella celebrazione non siano tollerati ma chiaramente corretti.
c)     È divenuto particolarmente imperativo rispettare chiarissimamente il legame inscindibile tra Fede e Liturgia, tra Liturgia e Fede; l’offuscamento della fede genera devastazione liturgica, devastazione nella “lex orandi”, e questa devastazione corrompe la fede, o almeno la offusca, la rende incerta.
Queste considerazioni avrebbero potuto essere in concreto mostrate da uno studio comparativo tra l’antica e la nuova forma del conferimento dell’Ordine Sacro, del Sacramento dell’Ordine, ma sono certo che ben saranno esposte e sviluppate con saggezza e competenza dagli Em.mi ed Ecc.mi Relatori del Convegno. Ad essi mi unisco con tutto l’animo e ad Essi dico la mia profonda comunione spirituale.
Invoco l’assistenza dello Spirito Santo sullo svolgimento del Convegno ed auspico che esso sia apportatore di molto bene alla Chiesa, a noi Vescovi ed a tutti i suoi ministri che debbono operare avendo ben presente che culmine e fonte di tutta la vita e  missione della Chiesa è la Divina Liturgia, la Celebrazione dei Divini Misteri.
A Lei, caro Padre, la mia distinta e devota stima.

               
Albenga, 8 Febbraio 2011


Suo aff.mo in Domino


+ Mario Oliveri
Vescovo di Albenga-Imperia
Membro della Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti